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26/01/2021
10:01

Crediti in sofferenza, le banche accelerano la vendita di NPL.

Npl
Crediti in sofferenza, le banche accelerano la vendita di NPL. Nel 2021 transazioni per 40 miliardi di euro

 

  • Il tasso di default sale quest’anno al 2,6%, più del doppio rispetto al 2020
  • Lo stock complessivo di NPE in Italia arriverà a 389 miliardi di euro nel 2021
  • Dal 2017 investiti oltre 50 miliardi di euro per acquisire circa 214 miliardi di NPL
  • Migliora l’NPE italiano che dal 2015 a oggi è sceso dal 17% al 6%

 

Mestre (Venezia) 26 gennaio 2021 – Il sistema bancario accelera nella dimissione dei crediti deteriorati per alleggerire i propri bilanci. Il trend, già delineato a fine settembre nel corso dell’NPL Meeting a Cernobbio, ha subìto nell’ultimo trimestre e in particolare nel mese di dicembre, un nuovo sprint che ha portato a chiudere l’anno a quota 38 miliardi di euro di NPL ceduti nel 2020.
Nel corso del 2021, secondo la tredicesima edizione del report Market Watch NPL di Banca Ifis, sul mercato potrebbero essere venduti dal sistema bancario altri 40 miliardi di Non Performing Loans. Di questi, ben 30 miliardi, sono già stati annunciati come prossime dimissioni quindi, sono già in pipeline. La stima è che nel 2022, per effetto della crisi Covid-19 oltre che per la necessità di allineamento al target europeo (NPE ratio al 5%) i flussi in cessione si manterranno elevati.
In crescita anche le operazioni su portafogli UTP con circa 24 miliardi di cessioni stimate: 12 miliardi nel 2021 e altrettanti nel 2022. Il mercato secondario, rivela il MW NPL, confermerà la sua maturità contribuendo per il 29% nel corso del 2021 al totale delle transazioni (23% la quota scambiata nel secondario nel 2020).

In generale le stime contenute nel report di Banca Ifis indicano un deciso incremento del deteriorato nei bilanci bancari con un tasso di deterioramento o default rate, cioè i crediti performing che passano a non performing, in crescita al 2,6% nel 2021 e al 3% nel 2022, prevalentemente per effetto del default dei crediti relativi al comparto Imprese, con circa 80 miliardi di euro di nuovi flussi attesi nel biennio 2021-2022. Le previsioni tuttavia ci dicono che non dovrebbe essere raggiunto il picco registrato nel 2013 (4,5%); nel corso 2020, il default rate è rimasto invariato rispetto al 2019 (1,1%) soprattutto per effetto degli interventi pubblici (moratorie, decreti etc).

Lo stock complessivo di NPE (che comprende i non performing loans, gli UTP e gli scaduti) in Italia, nel 2020, si stima abbia raggiunto i 340 miliardi di euro ma nel 2021 potrebbe salire a 389 miliardi di euro e addirittura toccare il record storico di 441 miliardi di euro nel 2022.
Previsto in crescita del 40%, dopo anni di costante riduzione, fino a 700 miliardi di euro nel 2021 anche l’ammontare del deteriorato nei bilanci delle banche UE. Il report evidenzia come dal 2015, l’NPE ratio italiano, si è ridotto in misura maggiore rispetto alla media europea, passando dal 17% al 6%. I crediti non performing italiani costituiscono il 21% del totale europeo (dati al 30 giugno 2020), contro il 34% del 2015.

Quanto al mercato NPL, dal 2017 al 2020 si calcola siano stati investiti oltre 50 miliardi di euro per acquisire circa 214 miliardi di portafogli NPL. Stabile il prezzo medio di cessione di portafoglio Unsecured, le valorizzazioni dei portafogli Misti, Secured e UTP sono invece condizionate da Gacs e big deal.

Dall’analisi puntuale dei deal, nel report di Banca Ifis si evidenzia come dal 2016 a oggi le Gacs hanno sostenuto il mercato delle transazioni NPL per 85 miliardi di euro grazie a 35 operazioni. Sette i servicer ad oggi impegnati nelle operazioni finalizzate fino al 2020. Ad eccezione di due, tutti gli altri portafogli Gacs dimostrano performance in calo per effetto della pandemia.

Tutte le previsioni, precisa una nota metodologica, sono state elaborate tenendo conto, in primis: di un impatto del Covid sul Pil nel 2020 del 9,5% e una possibile ripresa nel 2021 del 4% (+3,8% nel 2022), di una proroga delle moratorie al 30 giugno 2021, e in presenza di un lockdown soft che penalizzi prevalentemente le attività commerciali. In questo scenario – spiega il report – gli interventi di sostegno attivati dal governo, il piano Next generation EU ovvero il pacchetto per la ripresa degli Stati membri, la durata della pandemia e il piano vaccinale sono variabili determinanti.

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